Due argomenti che non sono stati mai discussi sul blog sono gravidanza e bambini. Per quanto i bambini mi piacciano moltissimo, non sono ancora diventata mamma. Inoltre, il percorso della gravidanza e maternità nel Regno Unito mi spaventa un po’. Ho sentito diverse storie sanitarie che mi hanno messo i brividi, soprattutto visto che noi italiane siamo abituate ad essere seguite passo passo nei novi mesi precedenti al parto. Inoltre, la sanità nel Regno Unito non è proprio il massimo, anzi, ne avevo scritto qualcosa tempo fa e rimango ancora ferma sulle mie opinioni non proprio positive.
Immaginate però di dover superare non solo alcuni pregiudizi sui metodi assunti dai medici, ostetriche e doula che vi seguiranno, ma anche di dover fare tutto da sole. I genitori e parenti più cari lontani; il salto nel vuoto su un nuovo capitolo pieno di dubbi e voi con un pancione che cresce e poche rassicurazioni.
Mi sono servita dell’esperienza della mia amica Manuela, che precisamente due anni fa ha messo al mondo il suo piccolo Diego, e che ci parla di com’è davvero affrontare la gravidanza nel Regno Unito. Perché sicuramente non è facile, ma quando si è expat si è pronti a tutto ed in realtà soli per davvero non lo si è mai. Così si scelgono gli amici più vicini che diverranno i tanti zii e zie di quel piccolo batuffolo che metterete al mondo, creando una famiglia moderna ma che darà tutto l’amore di cui sarà capace al nuovo arrivato.
I primi passi per affrontare la gravidanza nel Regno Unito
La prima reazione al test di gravidanza positivo, dopo l’eccitazione della notizia, è “cosa faccio, a chi mi rivolgo?”. Dovete sapere che nel Regno Unito non vai direttamente dal ginecologo come si farebbe in Italia. Ti rivolgi invece al GP di turno. Perché in UK non esiste la figura del medico di famiglia, colui che ti segue dopo il pediatra fino alla fine. No, qui esiste un medico di base che di volta in volta ti viene assegnato in base a chi è libero in quel momento. I GP, o Good Practicioner, dividono infatti una clinica dove ricevere i pazienti. In alcune di queste cliniche esistono anche altri reparti come ginecologia, che facilitano gli appuntamenti. Manuela, ad esempio, è stata fortunata. Dopo aver messo al corrente il GP di turno del suo stato interessante, lui stesso ha preso appuntamento per lei nella stessa clinica.
Contrariamente che in Italia però, gli appuntamenti non sono mensili bensì trimestrali. Quindi a meno che non ci sia un problema, se ogni trimestre la gravidanza procede normalmente e i valori rimangono nella norma, secondo il medico non vi è l’esigenza di stressare la paziente con appuntamenti superflui. L’unica ecografia extra che può essere richiesta è quella in 4D per vedere il bambino. Quest’ultima, a differenza di tutti gli altri controlli, è l’unica a pagamento. Il resto infatti è gratuito e viene coperto dalle tasse pagate per il NIN (il numero di previdenza sociale).
Il momento del parto
L’iter di Manuela non è stato uguale a quello di altre donne. Ogni gravidanza è diversa dalle altre e la sua non ha fatto eccezioni. Una volta arrivata la due date, la data del parto, Diego non sembrava voler lasciare il grembo della madre. Eppure quando lei ha iniziato a sentire dolori è andata in ospedale spiegandone il motivo in fase di triage (vogliono sapere perché non ci si è rivolti prima al GP anziché andare all’ospedale, come facciamo in Italia). Una volta assestata la situazione, l’hanno portata in ginecologia per ulteriori accertamenti. Lì, le hanno dovuto indurre la rottura delle acque per far sì che il parto vero e proprio avesse inizio.
Di norma è ammessa solo una persona in sala parto. Manuela aveva sia il compagno che la madre, arrivata dall’Italia qualche settimana prima per assistere la figlia. I medici, oltre l’essere stati molto professionali durante tutto il travaglio, sono stati molto accomodanti ed hanno fatto entrare entrambi.
Subito dopo il parto però c’è stata un’altra grande differenza con l’iter italiano. Dopo un breve saluto al nuovo nato, hanno subito fatto alzare Manuela e l’hanno mandata a fare la doccia. Nessun riposo prima di essere completamente pulita. Inoltre, dopo che il bambino era nato alle 04:44 di venerdì mattina e aver tenuto sia lui che la madre in osservazione per la notte, li hanno dimessi il pomeriggio dopo. Senza ulteriori controlli né niente, cosa impensabile nel Bel Paese.
Gravidanza nel Regno Unito: comunicarlo a lavoro
Le nausee mattutine e il lavoro non vanno di certo di pari passo. Una volta che gli orari di Manuela erano cambiati dalle notti alle mattine presto – lavorava come croupier in un casinò aperto ventiquattro ore al giorno – le nausee si sono fatte sentire subito. Però se da un lato si vuole tenere il segreto della gravidanza, almeno per i primissimi mesi, dall’altro chiamare sick, darsi malate quindi, per più mattine di fila dà da pensare i datori di lavoro. Così ha subito avvisato i manager che non hanno preteso alcuna prova da parte sua.
Durante tutto il periodo della gravidanza sono stati accomodanti e comprensivi. Inoltre stando lei sempre alzata ai tavoli, durante gli ultimi mesi l’hanno spostata all’accoglienza dove avrebbe potuto continuare le sue ore da seduta. Di conseguenza è riuscita a lavorare fino all’ottavo mese senza alcun problema. Una volta entrata effettivamente in maternità, lo stipendio però si è dimezzato.
Intraprendere una gravidanza nel Regno Unito dà comunque diritto alla scelta di quanti mesi si vogliano passare in maternità. Variano da un minimo di sei o nove mesi percependo il 50% del proprio stipendio, ad un massimo di dodici mesi dove gli ultimi tre sono senza guadagno alcuno.
Al rientro al lavoro si può scegliere se firmare un nuovo contratto con un taglio delle proprie ore, diventando così part-time. Altrimenti si rimane con il contratto iniziale, senza cambiamenti di clausole.
Maternità: cos’altro aspettarsi
Una volta tornata a casa, una mamma alle prime armi cerca di capire come prendersi cura del proprio bambino come meglio può. Senza aiuto non è di certo facile, perché per quanto i genitori non vorrebbero perdersi neanche un momento dei primi mesi del proprio nipotino/a, ad un certo punto verrà il giorno della fatidica partenza. Si potrebbe chiedere agli zii acquisiti, gli amici expat, ma spesso non si vuole disturbare nessuno. Così siete voi, il vostro partener e il nuovo membro della famiglia.
C’è di buono che nel Regno Unito, i primi tempi le midwives (le ostetriche) vengono a far visita alla neo mamma, aiutandola nel nuovo percorso che stanno affrontando. Manuela ad esempio aveva problemi ad allattare e ogni tanto le veniva a far visita la doula, con la sua bicicletta in pieno stile vecchia Londra. Le mancava solo il cappello e il vestito bianco per essere in una serie in costume.
Inoltre ha ricevuto la visita della ginecologa, sempre a casa, per accertarsi che i punti fossero caduti e lei non avesse nessun problema dopo il parto. Direi che è decisamente un aiuto per le neo mamme che non hanno mai tempo di prendere un vero e proprio appuntamento dal medico.
L’ultima informazione essenziale è sull’aiuto governativo. Importantissimo, dopo il momento del parto, è registrare il bambino così da poter chiedere il Child Benefit. Infatti come in Italia, anche nel Regno Unito c’è il “bonus bebè”. La cifra dipende da quante persone nel nucleo familiare lavorano, per quante ore, se hanno contratti full time o part time. L’importo viene poi versato ogni primo lunedì del mese fino al compimento dei sedici anni del bambino.
Potete seguire Manuela ed il suo percorso da mamma su Instagram.
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Classe 1990, viaggiatrice entusiasta, appassionata di fotografia, siciliana ed expat in UK dal 2014. Ti racconto dei miei viaggi in coppia, dei luoghi della mia terra e di come riuscire a vivere una vita da expat senza perdere la testa.
Diventare mamma non è facile e tanto meno dal proprio paese natio, ma con un po’ di forza e coraggio si affronta tutto. L’articolo è molto interessante e pieno di informazioni utili per chi si trova in UK.
Un articolo davvero interessante che ho letto tutto d’un fiato! Non pensavo ci fossero così tante differenze rispetto all’Italia.
Tra l’altro avendo partorito nel 2019 a Padova, e quindi lontano dalla mia famiglia che è in Puglia, capisco benissimo che significa stare soli. Lo sono sempre, a maggior ragione ora che non ci si può spostare tra regioni… pensa che non scendo a Lecce e, di conseguenza, mio figlio non vede i nonni da agosto 2020. Che tristezza!
Comunque impensabile fare la doccia subito dopo il parto, io ero stremata e con i punti non riuscivo nemmeno a camminare!!!
Spero riuscirai ad abbracciare presto i tuoi genitori!
Un articolo molto interessante, Veronica!
Brava per aver trattato questo tema, che sono certa interesserà molte donne.
Sapevo poco e niente su come affrontare la gravidanza nel Regno Unito e grazie a questo tuo blogpost ho appreso molte informazioni interessanti. Anche a me piacciono molto i bambini e dal momento che ho il fidanzato che vive in Svizzera, non mi dispiacerebbe trasferirmi lì e crescere lì i nostri figli.
Ogni tanto leggo qualche informazione riguardo a come affrontare la gravidanza in Svizzera e alcune cose sono simili a quelle che hai descritto tu. Per esempio, dopo il parto, le ostetriche vanno a casa della neo mamma per visitare lei e il bambino.
Mi ha un po’ stupito, invece, che non ci sia alcun giorno di ricovero dopo il parto. In Italia e in Svizzera, se non ci sono complicazioni, minimo 2 giorni la neo mamma rimane ricoverata con il neonato.
Anch’io sono rimasta molto stranita quando Manuela me l’ha detto, ma credo sia perché in quanto sanità gratuita, ogni posto libero può servire.
Immagino quanto possa essere difficile passare il periodo di una gravidanza lontana dai propri affetti, inoltre sapevo che la sanità in Uk non fosse il massimo, infatti una mia amica che ci vive se può, fa comunque i controlli e le visite in generale quando torna in Italia. Come in tutte le cose ci sono lati positive e negativi stando all’estero. Uno di quelli positivi è che qualsiasi insulto o imprecazione nel momento del parto verrà compreso solo dal proprio compagno e non dai sanitari presenti in sala parto ????
A volte neanche dal compagno se è straniero come nel caso di Manuela ahahah anche se ha imparato un po’ di italiano da quando sta con lei 🙂
Da neomamma trovo sempre molto interessante il confronto con le altre mamme, ancor di più se portano l’esperienza di un paese diverso rispetto all’Italia. Di positivo c’è sicuramente la maggior flessibilità sugli orari di lavoro (qui il part-time è molto difficile da ottenere). La cosa che mi piace meno, invece, è non avere un medico fisso.
Purtroppo al non avere il medico fisso, non ci si abitua mai. Mentre il part-time è per facilitare il ritorno sul posto di lavoro della neo-mamma così da riuscire ad acquisire un proprio equilibrio prima di tornare full time, sempre e solo se lo si desidera.
Non so se noi italiani siamo troppo esagerati in cure e attenzioni o se gli inglesi siano superficiali e pressapochisti in circostanze delicate e speciali come una gravidanza e una nascita. Probabilmente una via di mezzo sarebbe la scelta perfetta. Per quanto riguarda il lavoro, il trattamento è simile, ma spero che almeno in Inghilterra la figura della dipendente/mamma non diventi un connubio negativo. La figura della doula, inoltre, è molto importante: anche in Italia sta prendendo piede, a pagamento ovviamente.
Diciamo che gli inglesi sono più pressapochisti con le cure mediche ma essendo tutto gratuito, alla fine si chiude un’occhio. L’essere mamma non è assolutamente un’aspetto negativo nel Regno Unito, anzi spesso è visto come senso di stabilità.
Io penso che ogni gravidanza ha una storia a se. Le difficoltà ci sono in ogni parte del mondo, anzi credo che in Italia, soprattutto da noi al Sud, sia ancora più complicato, soprattutto per il lavoro.
Purtroppo in Italia il concetto della donna che può volere sia figli sia la carriera non è ancora ben eradicato…
Beh diventare genitori non è semplice, a prescindere dal luogo in cui ci Si trova. Certo all’estero, senza aiuto dei familiari, risulta ancora più pesante. Ma se lo stato, come in questo caso, riesce ad essere di supporto, ben venga! Dovrebbero prenderlo come esempio un po tutti.
Sono d’accordo che alcuni punti possano essere presi ad esempio anche da altri stati come l’Italia.
Una bella storia questa della gravidanza inglese. Rispetto all’italia dove le mamme sono costrette quasi sempre a scegliere tra figli o lavoro, il Regno Unito almeno salva il posto di lavoro a differenza dell’Italia dove in alcune realtà le mamme non possono chiedere nemmeno l’allattamento
La tutela lavorativa mentre si è in maternità è sicuramente uno dei vantaggi a favore del Regno Unito
Molto interessante vedere come una cosa che siamo abituati a pensare possa essere fatta praticamente solo in cui certo modo, cambi anche notevolmente in un Paese diverso!
Io comunque non ho figli, ma devo dire che l’idea che una donna che ha partorito debba per forza rimanere in ospedale anche se non ci sono problemi non l’ho mai capita, quindi non mi sembra male il loro modo di fare in questo. Alla fine credo che personalmente, per come sono io, me ne starei più volentieri a casa mia.
Certo però sulla maternità potrebbero far meglio. E come paternità come sono messi?
Come paternità la maggior parte delle azienda hanno una politica di due settimane pagate dopo due o tre anni che lavorano per la stessa azienda. Altrimneti sono costretti a prendersi le ferie non pagate o giorni di vacanze.
Dimissioni-lampo a parte, il rispetto e l’attenzione con cui sono trattate le madri e le donne in gravidanza nel Regno Unito non trova corrispondenza, purtroppo, qui da noi. Le madri sono trattate come un peso, più che altro.
Spero che le cose cambino perché se una donna sceglie di avere un bambino, a parte la maternità, questo non intacca la sua bravura o il suo talento.
Diventare mamme non è mai semplice, lo è ancora meno in un paese straniero. ma quello che è certo è che il pargolo dopo 9 mesi vuol venire al mondo e quindi un pezzettino alla volta si affronta tutto!
Verissimo, qualsiasi cosa succeda, si affronta per i bambini!