Diario di una fuorisede

Diario Fuorisede-Quando ho detto ai miei che volevo studiare cinema

I diari fuorisede seguono una certa continuity. Se ti sei perso l’episodio precedente, puoi recuperarlo QUI.

Hai una figlia adolescente con la testa sulle spalle, brava a scuola, che pensa solo allo studio e al suo futuro, particolarmente portata per le lingue straniere. Come genitore, sei particolarmente tranquillo per lei, credi che la via sia già segnata: studiare lingue all’università, e poi, magari, una carriera dal sapore internazionale. E invece la suddetta figlia adolescente ad un certo punto sgancia la bomba che nessuno si aspettava: “Mamma, papà, voglio studiare cinema.”

Come potete facilmente immaginare, quella figlia adolescente ero io.

E credo di aver scatenato un vero e proprio uragano in famiglia col mio desiderio. Ma da dove mi saltava in testa di studiare cinema? Cosa avrei fatto poi nella vita? Non venivo mica da una famiglia di artisti, e si sa che in quelle carriere primeggiano i “figli di”. Io invece ero figlia di un elettricista e di una negoziante, cosa mi ero messa in testa?

Mi ero messa in testa di ascoltare il mio cuore e la mia passione. E ho combattuto non poco per convincere i miei a darmi fiducia. Alla fine, però, ho vinto io, e mi sono trasferita a Roma diventando la fuorisede che voi tutti conoscete.

Anche il giorno della laurea, negli occhi di mia madre percepivo un po’ di incertezza, come a dire “sì, e ora?” (Purtroppo mio padre non è stato presente alla mia laurea né agli eventi a seguire, visto che è morto nel 2012). Dopo un anno sabbatico (9 mesi, per l’esattezza), ho scelto di nuovo la mia rotta, facendomi ancora una volta guidare dal mio cuore. Sceneggiatura. Nello specifico, sceneggiatura per fumetti. 

Ma come, studi cinema e poi ti butti nel fumetto? Non ci ho ragionato troppo. Mi piaceva scrivere, mi piacevano i fumetti, la sceneggiatura mi affascinava. Ho fatto una scelta che a pelle mi sembrava giusta. E, a distanza di 6 anni, posso confermare che lo era: mi sono diplomata come sceneggiatrice a Luglio 2016, e a Settembre dello stesso anno ho iniziato a lavorare nel fumetto. 

Ancora una volta, ho chiesto alla mia famiglia un atto di fede. Nemmeno io sapevo dove stavo andando, ma mi sembrava la scelta giusta. Un po’ come quando in piena notte riesci ad andare in bagno senza accendere la luce perché conosci alla perfezione casa tua. Non vedi nulla, ma sai che stai andando bene e non andrai a sbattere contro lo spigolo del comodino. Il mio cuore conosce a memoria i contorni dei mobili della mia anima, e mi ha guidato fino alla meta (in questo caso non un bagno, ma una carriera). 

Io, che ho l’ansia se devo prendere il treno alle sei di pomeriggio ed esco di casa alle undici di mattina per sicurezza, per la mia carriera sono andata alla cieca. O meglio, ho spento la parte razionale del cervello che mi suggeriva di fare la cosa più “logica”, perseguire una carriera che sembrava più sicura, per fare un salto nel vuoto. Perché a volte il salto nel vuoto funziona e oggi, a distanza di dodici anni dal mio trasferimento a Roma, sono felice di essermi fidata della vocina che mi suggeriva di inseguire un percorso artistico. 

Non è sempre facile e richiede sacrifici, disponibilità economica e volontà di mettersi davvero in gioco. Ma se quella vocina nel cuore ci urla così di prepotenza, forse è il caso di ascoltarla. Forse è il caso di zittire la paura che viene dal cervello e lasciarsi guidare dal cuore. 

Oggi, quando parlo con mia madre ogni tanto salta fuori l’argomento “chi l’avrebbe mai detto”, e mi verrebbe da rispondere che io, io l’avrei detto. Una parte profonda di me lo sapeva che ce l’avrei fatta e che quella strada aveva il mio nome. 

Da fuorisede ho imparato molte cose pratiche come riparare una caldaia o burocratiche come tenere in piedi una casa. La lezione più importante, però è stata credere in quello che volevo fare, nel perseguire la mia passione anche quando sembrava folle e impossibile. Anche quando ogni fibra del mio corpo mi diceva il contrario, ho dato retta al cuore.

E oggi sono felicissima di averlo fatto, e orgogliosa di quello che ho costruito nella mia carriera. Anche se tra le lezioni che mi mancano da imparare, c’è quella su come gestire il panico degli imprevisti. Ma questa, come sempre, è la storia per un altro giorno.

14 pensieri su “Diario Fuorisede-Quando ho detto ai miei che volevo studiare cinema”

  1. Hai fatto bene a seguire i tuoi sogni, alla fine sei riuscita a raggiungere un bel traguardo. Complimenti e grazie per ave condiviso la tua storia con noi.

  2. Inseguire i propri sogni non è mai sbagliato, certo, c’è sempre quella piccola possibilità che tutto potrebbe andare in frantumi ma mettersi in gioco per ciò che conta davvero non sarà mai un errore! Complimenti!

  3. Complimenti a te per aver avuto il coraggio di seguire il tuo istinto e la tua passione. E complimenti alla tua famiglia per averti lasciato spiegare le ali!

  4. Inseguire i propri sogni e le proprie aspirazioni/inclinazioni, è fondamentale, perché porta a gettare le basi per un lavoro che darà grandi soddisfazioni. In bocca al lupo per tutto!

  5. Brava, e complimenti per i tuoi traguardi. Non è mai facile, ma è giusto seguire cosa più ci piace!

  6. Ci ho tenuto particolarmente a far leggere questo articolo al mio compagno. Anche lui ha trascorso cinque anni come studente fuori sede in una facoltà di cinema ed è rimasto molto colpito dal fatto che sia proprio “il cuore” a contraddistinguere l’esperienza di chi ha deciso di andar contro a tutto pur di seguire il proprio sogno. Sicuramente qualcosa di cui poter andare fieri!

  7. Hai tutta la mia solidarietà, io credo che ognuno dovrebbe vivere la propria vita come meglio crede e seguendo i propri desideri. I genitori dovrebbero consigliare, ma mai imporre!

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