Se ti sei perso l’episodio precedente del Diario Fuorisede puoi recuperarlo qui.
“Attenta quando stai in giro”
“Hai chiuso bene casa?”
“Hai spento il gas?”
“Ma la carne la mangi?”
“Mi raccomando, chiamami quando arrivi a casa. Pure se è tardi”
Queste e molte altre frasi fanno più o meno parte della mia quotidianità, e sicuramente non soltanto della mia. Come accennavo nel Diario precedente, noi terroni siamo sempre pronti ad affrontare IL PEGGIO. Dev’esserci rimasto qualche gene primordiale, di quello che ti faceva controllare più di una volta che fuori dalla tua caverna non ci fosse una tigre dai denti a sciabola. Non importa che tu stia uscendo per cinque minuti per andare a prendere il pane, o che ti stia imbarcando per un viaggio intercontinentale: le paranoie dei parenti saranno sempre le stesse (ci credo che poi uno vive con l’ansia!).
Nel mio caso, da quando vivo fuorisede sono abituata a sentire i miei due volte al giorno: approssimativamente a ora di pranzo e a ora di cena. E siamo così abitudinari che se entro le 13.30 non mi faccio sentire, subito scatta la chiamata materna per verificare che sia tutto ok. L’unico modo per “scamparla” è avvisare in anticipo che sto lavorando, sono fuori casa, ho una riunione, ecc… perché se mi va bene la genitrice si limita a telefonarmi più volte. Se va male partono le ricerche in stile “Chi l’ha visto?”, e non sto andando nemmeno troppo lontana dalla realtà.
Una sera, la Wind stava facendo dei lavori nella mia zona. Risultato? Zero linea telefonica. All’epoca non avevo il Wi-Fi a casa, quindi non avevo nessun modo per comunicare alla famiglia il disagio. Speravo che si trattasse di una situazione temporanea, e invece è andata avanti più o meno fino alle 22. Ovviamente, appena il telefono ha ripreso a funzionare, ho chiamato mia madre. Che intanto (non ironicamente) aveva chiamato mio cognato (carabiniere) affinché chiamasse la caserma dei carabinieri più vicina a casa mia. Perché se non mi ero fatta sentire di sicuro era successo qualcosa di grave. Per fortuna la situazione è rientrata appena in tempo, altrimenti oggi sarei qui a raccontarvi di quella volta che mi sono trovata i carabinieri in casa mentre mi preparavo il minestrone.
Che poi, tutte queste paranoie parentali altro non sono che enormi dimostrazioni di affetto. “Ti voglio così tanto bene che mi preoccupo per la tua incolumità”, è il sottotesto, e devo dire che quelle paranoie mi divertono tantissimo.
Soprattutto quando sono sul treno e mia madre mi dice “Mi raccomando, non correre”, manco fossi io a guidare. Chissà se le madri dei piloti d’aereo dicono ai figli “Mi raccomando, guida piano”. Ma credo di sì. Sono cose universali, come il tifo sfegatato ai mondiali anche se non sappiamo nemmeno cosa sia il calcio. Fanno parte di noi.
Se fossero solo i parenti ad imparanoiarsi quando qualcuno vive lontano, sarebbe pure normale. Ma la triste verità è che al Sud il paese è praticamente una vera e propria tribù, quindi le paranoie genitoriali si estendono a tutto il vicinato, il giro di amici di famiglia, colleghi ecc…
Roba che quando torno a casa e vado a prendermi un caffè al solito bar, il barista sa più cose di me di quante ne sappia io. E anche lui vuole sapere quanto mi fermo, quando riparto, se sono in ferie…
A me le paranoie che fanno più ridere, a seconda della stagione, sono rispettivamente “Ma hai acceso i termosifoni?” O “Ma hai acceso il condizionatore?”, con tanto di seguenti raccomandazioni sul non prendere freddo/caldo in base alla stagione. E suggerimenti sul coprirsi bene o rinfrescarsi.
Forse mia madre crede davvero che mi siano utili. Immagina che, se non lo dicesse, io andrei in giro il 31 gennaio in bikini e infradito. Oppure, più probabilmente, le dice perché sono frasi di routine, esattamente così come i saluti e i come stai di rito. Sono frasi che hanno perso il loro significato originario di “Accendi i termosifoni” e sono diventate un modo meno smielato di dire “Ti voglio bene e voglio che tu stia bene”. Anche perché le parole possono pesare, anche a distanza.
Ma questa, come sempre, ve la racconto un’altra volta.
Ciao, sono Rainbowsplash, e mi definisco “un gavettone di colori”: mille passioni, mille cose da fare (sempre in zero tempo) e un sacco di buonumore. Scrivo per passione e per professione. Qui sul blog trovate le mie avventure da fuorisede, i miei consigli a tema beauty e i miei manuali semiseri di sopravvivenza. L’ho già detto che ho mille hobby?
Io ho una mamma un po’ atipica. Nonostante sicuramente si preoccupasse per me, aspettava sempre che mi facessi sentire io e capiva quando non mi sentiva.
La sua filosofia è da sempre:”tanto se ti succede qualcosa, sono la prima a saperlo”
Ps. La chiamavo comunque andando all’università la mattina e quando tornavo a casa
Invece mia madre è perfettamente convinta che pure che mi succedesse qualcosa lei non lo saprebbe mai ahahahah
Leggo il tuo post e sorrido perchè nei 12 anni in cui ho vissuto in Spagna mi è capitato esattamente la stessa cosa con mia madre. 12 anni di raccomandazioni, telefonate, “accertamenti”. Il paradosso è che ora che sono rientrata in Italia e vivo a 900 chilometri da “casa” nessuno si preoccupa più per me!
Ahahah ormai sei troppo vicina!
Sono stata una fuorisede dai 18 anni e all’inizio per i miei è stata dura. Le preoccupazioni sono tante ma credo che se non fossi andata a studiare fuori casa sarei una persona diversa. Lo spirito d’adattamento, l’autonomia e il senso di responsabilità che si acquisiscono lontani dai genitori sono imparagonabili a quelli di chi è abituato ad averli sempre vicini. Certo, anche questo ha i suoi pro e i suoi contro.
Vero, essere fuorisede ti insegna ad essere un sacco indipendente
Lèggevo questo tuo articolo e ridevo come le stupide perché mi ci son ritrovata in ogni singola parola, con la differenza che tutto questo non esce dalla bocca di mia madre ma delle mie nonne ???? Ognj volta che scoppia na guerra “se è una cosa tornate qui, come se la Puglia fosse un esente da un’ipotetica tragedia” ????
Beh sì ovvio, la casa d’origine è zona franca da qualsiasi problema ahahah
A me è andata bene da questo punto di vista perché da quando a 18 anni sono diventata una fuorisede i miei genitori non mi hanno mai assillato di telefonate a differenza di molti miei compagni di corso, che non hanno avuto la stessa fortuna
Beata te!io se non chiamò a casa mi ci trovo davvero su chi l’ha visto ahahah
Posso affermare con assoluta certezza che queste paranoie le hanno anche i genitori di persone che vivono a meno di un chiloemtro dalle suddette, soprattutto se queste devono partire per un viaggio! Che dire, i nostri genitori sono proprio tutti uguali!
Credo che sia un file precaricato nel cervello dei genitori ahahah
Mia madre fa queste cose anche se abito a nemmeno un chilometro da casa sua! La sento almeno una volta al giorno, magari mi chiama anche per una scusa banale, per sapere se “va tutto bene?” ormai è una routine a cui sono affezionata.
Idem mia madre. Lei e mia sorella vivono praticamente nella stessa via, e se non si vedono per 48 ore la chiama super preoccupata ahahah
Non abito lontano dai miei, ma devo dire che queste paranoie le subisco comunque. Mia mamma se non mi faccio sentire va in modalità “allerto subito la Protezione Civile”, e ci sono andata molto vicino una volta quando dopo un viaggio in aereo non ho potuto avvisare subito del mio arrivo perché il cellulare aveva smesso di funzionare ed ero sola. Lei mi immaginava già priva di sensi in un canale di scolo e senza un rene…
Che poi ci immaginano sempre morte in un canale di scolo, e mai in fuga milionaria alle Maldive ahahah
Esatto! Cose belle mai ????
Oddio anche mia madre ogni volta che salgo su un treno dice “vai piano!” Ma perchè??? Forse abituata al fatto che io viaggi sempre in auto le è rimasto di default! Comunque meno male che hanno smepre un pensiero per noi!
Vero, è bello sentirli vicini!