Diario di una fuorisede

Diario Fuorisede: I Traslochi

Se ti sei perso l’episodio precedente del Diario Fuorisede puoi recuperarlo QUI.

Io odio i traslochi. Sono una delle cose che mi mettono più ansia al mondo. Odio tutta quella parte burocratica che viene subito prima, in cui ti metti a cercare casa, devi contrattare sul prezzo, presentare le garanzie, firmare e registrare il contratto.

Detesto quella parte di panico che viene subito dopo, in cui devi mettere la tua vita nelle scatole e spostarla da un posto all’altro.

Sclero per quella sensazione di addio quando vedi la casa in cui hai trascorso mesi o anni vuota, subito prima di restituire le chiavi.

Odio quella fase in cui devi abituarti alla nuova casa, prendere le misure, attivare la nuova linea internet, sbrogliare gli scatoloni.

Fosse per me, ad ogni trasloco andrebbero abbinati un mese di ferie retribuite, perché traslocare è un trauma.

Per questo l’ultimo trasloco l’ho fatto ormai più di dieci anni fa. È stato il trasloco che mi ha portato fuori Roma, in provincia. Lontano dalla Capitale, ma vicino al mare. E il mare, che ve lo dico a fare, per me è vita. All’epoca, mio cognato si prese la briga di venire a Roma e darmi una mano, sia con le carte che con il trasloco. Mentre io ancora dormivo a Roma, lui era già a Ladispoli, con la macchina carica di scatole e scatoline che contenevano i primi due anni di vita fuorisede.

Entrare per la prima volta in una casa che sarebbe stata solo mia è stata un’esperienza esagerata. Mi mancavano solo due esami prima di iniziare a lavorare sulla tesi, e volevo farlo in uno spazio tranquillo. Per questo avevo preferito abbandonare le case degli studenti universitari per spostarmi fuori città e, con lo stesso budget che a Roma mi pagava una stanza singola, prendere un intero monolocale tutto per me. 

Ammetto che il trasloco è stato burrascoso perché ho dovuto fare tutto in meno di 15 giorni, e probabilmente è da lì che viene il trauma dei traslochi. La proprietaria della casa dove stavo a Roma ha deciso praticamente all’ultimo secondo di non rinnovarci il contratto, e mi sono trovata a dover cercare un’altra casa e trasferirmici in meno di due settimane. Vi lascio immaginare quanto bene abbia fatto alla mia ansia una situazione del genere. 

Ricordo come è stato decidere cosa tenere e cosa lasciare tra le mie poche cose. Mi sono tenuta quasi tutto, e arrivata qui mi sono resa conto che non mi serviva quasi nulla di quello che mi ero portata dietro. Ricordo un infinito pomeriggio da IKEA per comprare, insieme al mio ex che mi aveva accompagnato nella crociata, piatti e bicchieri per la nuova casa. Nella memoria ho impresso lo scontrino di quel giorno. 93€.

La cifra che mi è costato “personalizzare” la mia nuova tana per renderla più mia scegliendo i bicchieri colorati. Negli anni, a quei 93€ se ne sono aggiunti altri per mobili e mobiletti vari, ma quelli restano i più importanti. Piatti e bicchieri riempivano due buste IKEA di quelle blu, le abbiamo caricate in macchina e siamo andati al pub con gli amici. Ero praticamente sicura che, tra le buche di Roma, una volta arrivata a casa mi sarei trovata un puzzle di bicchieri. E invece, miracolosamente, era tutto integro. 

Da allora mi sono detta che il prossimo trasloco sarebbe stato quello definitivo, quello nella tanto agognata “casa di proprietà” che per noi italiani è praticamente un must. 

Forse, oltre al trauma di un trasloco di corsa, però, c’è altro.

Come fuorisede, mi sento già normalmente una “senza radici”, perennemente divisa tra il posto dove sono nata e quello dove ho scelto di vivere.

Cambiare casa di continuo va a rinforzare quella sensazione di non riuscire a trovare pace da nessuna parte. Per quello l’idea di avere un posto tutto mio che posso chiamare “casa” mi stuzzica così tanto. È il mio modo di dire a me stessa che alla fine l’ho trovato, il mio posto nel mondo.

 Peccato che poi, come mi ha insegnato la terapia, è sciocco cercare queste cose al di fuori di sé. La sensazione di sentirsi a casa non è data dalla casa di proprietà o in affitto, dentro o fuori Roma, da sola o coi coinquilini. È una sensazione di pace che viene da dentro, e che niente ti può dare. Una sensazione che negli ultimi mesi sto iniziando a provare, sempre più forte. Forse è anche per quello che l’idea del trasloco torna a solleticarmi.

Prima però devo disfarmi di tutta la roba inutile. Ma questa, come sempre, ve la racconto un altro giorno.

14 pensieri su “Diario Fuorisede: I Traslochi”

  1. Hai tutta la mia comprensione e solidarietà, anche io odio i traslochi, forse perchè nella mia vita ne ho fatti tanti. Hai descritto quello che si prova alla perfezione, adoro l’espressione “mettere la tua vita nelle scatole”!

    1. I traslochi sono pesanti non tanto per le scatole fisiche, quanto per quelle “emotive” che ci portiamo dietro ogni volta che cambiamo casa

  2. Il pensiero del mio ultimo trasloco mi mette ancora l’ansia a distanza di quindici anni, ma a me viene l’ansia quando devo svuotare i cassetti dell’ufficio… Mi ha colpito molto quello che hai detto sulla sensazione di sentirsi a casa che è una sensazione che viene da dentro: una cosa sulla quale devo lavorare per trovare più tranquillità.

  3. Ti capisco molto bene, anche io, anche rimanendo in Italia, ho cambiato spesso casa (adesso però da una decina di anni sono stabile e ti dirò… non mi dispiace!

  4. Se penso a quando ho fatto il trasloco internzionale mi sento ancora male,un sacco di roba che sembra suntare da chissà dove … incubo !

  5. I traslochi sono stressanti per tutti, io me ne sono fatta due praticamente da sola (per fortuna le case erano vicine!), ma sono anche momenti diciamo così di “svolta” ricchi di promesse e cambiamento, per cui è uno stress che si accetta volentieri.

    1. Vero, poter mettere piede in una casa nuova ci dà quasi l’impressione di ricominciare da zero!

  6. Come siamo tutti diversi! Io ho fatto diversi traslochi, sia nella stessa città che in altre e tutte le volte mi sentivo fremere, pronta a varcare la porta dell’ignoto. Unica pecca dei traslochi è per me, aver perso cose e ricordi, ma infondo le cose materiali servono a poco, almeno così dicono! 😉

  7. A volte i traslochi sono l’occasione buona per gettare definitivamente gli oggetti e quindi i ricordi e i sentimenti che ci tengono legati ad un determinato luogo ovvero ad un determinato periodo della nostra vita. Non sempre sono traumatici, a volte sono terapeutici e lo dico per esperienza vissuta

    1. Vero! Io di solito butto gli oggetti ma li fotografo prima, così se mi mancano ne ho comunque un ricordo da qualche parte

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