Parigi non si dimentica, soprattutto se è la prima volta. Un’amica sognava di vedere i dipinti di Monet e i cieli stellati di Van Gogh dal vivo. E chi sono io per dire di no a un weekend tra arte e meraviglia? Così, calendario alla mano, abbiamo organizzato 48 ore a Parigi.
Era la quarta volta nella capitale francese per me, eppure tornerei a Parigi mille volte. Ogni visita è unica, con luoghi nuovi da scoprire o da rivedere con occhi diversi. Questa volta abbiamo esplorato la città tra musei affascinanti, quartieri iconici, location da serie tv e tappe golose.
48 ore a Parigi: primo giorno, più di 40.000 passi tra meraviglie
In viaggio, si sa, si macinano chilometri. Soprattutto quando si tratta di passare solo 48 ore a Parigi. La mia amica desiderava vedere i luoghi iconici della Ville Lumière e, allo stesso tempo, perdersi tra le opere d’arte che i musei parigini hanno da offrire.
Fortunatamente, sono abbastanza brava a progettare itinerari che soddisfino i miei compagni d’avventure, a patto che si cammini! Così, il nostro primo giorno è iniziato con l’arrivo all’aeroporto di Charles de Gaulle alle 8:00 del mattino. In pieno spirito francese, il treno diretto alla Gare du Nord era fuori servizio. Così, dopo non pochi problemi tecnici nel dover scaricare un app in francese per acquistare i biglietti del bus sostitutivo, siamo finalmente partite alla volta della capitale francese.
Una volta arrivate alla Gare du Nord, ci siamo fiondate in metro per raggiungere la nostra prima tappa: il Cimetière du Père Lachaise. Appena arrivate nei paraggi, non potevamo resistere ad una sosta in boulangerie per il nostro primo croissant francese. Essendo quasi ora di pranzo, oltre al croissant, abbiamo preso anche una quiche col tonno e pomodoro per me, mentre per Alessandra una baguette jambon e fromage. Però che estasi davanti a tutte le altre prelibatezze esposte sul bancone. Comunque, dopo esserci rifocillate, eravamo davvero pronte ad iniziare le nostre 48 ore a Parigi.
Una mattinata al cimitero Père Lachaise
Avevo già visitato in passato il famoso cimitero parigino, ma senza successo nel trovare le tombe dei grandi nomi del passato a cui volevo rendere omaggio. Entrambe le volte ero con Marco e pioveva. La prima, inesperti e al nostro primo viaggio all’estero, ci eravamo affidati all’istinto, girovagando senza meta. La seconda, mappa cartacea alla mano, abbiamo provato a orientarci tra i viali senza risultati. Google Maps, a quel tempo, non era molto d’aiuto.
Cinque anni dopo quella seconda visita, con Alex incaricata di seguire le indicazioni di Google Maps, abbiamo potuto visitare le tombe degli scrittori che hanno fatto la storia della lettura, non solo francese. Abbiamo portato i nostri omaggi a Molière, Jean de La Fontaine, Honoré de Balzac, Marcel Proust, Oscar Wilde.
Ci siamo poi fermate davanti alle tombe dei pittori Géricault e Delacroix, dei musicisti Chopin e Jim Morrisons e persino a una tomba diventata celebre negli ultimi anni grazie a una leggenda singolare: quella di Victoir Noir.
La tomba e la leggenda di Victoir Noir
Noir era una giornalista francese, ucciso il giorno del suo matrimonio da un colpo di pistola sparato dal cugino di Napoleone Bonaparte. Questo episodio scatenò delle proteste, che si accentuarono durante la caduta del regime bonapartista. All’avvento della Terza Repubblica, fu eretta sulla tomba di Victor Noir una statua in bronzo che lo raffigura disteso e morente. Però ciò che attira maggiormente l’attenzione è la protubérance de son entrejambes: un rigonfiamento evidente delle parti intime del giornalista da cui nasce la leggenda.
Si dice che baciare le labbra della statua aiuti a trovare l’amore entro un anno, mentre se si toccano le parti intime o addirittura ci si strofini a cavalcioni sulla statua si rimanga incinta entro un anno. Non a caso, entrambe le zone risultano più lucide e scolorite a causa dei continui sfregamenti. Per un periodo la statua fu anche recintata per impedirne il deterioramento, ma negli ultimi anni la barriera è stata rimossa.
Purtroppo, tra le tombe visitate, non abbiamo potuto portare i nostri omaggi a due famose donne: Maria Callas e Edith Piaf. Nonostante ciò, il Père Lachaise resta comunque una tappa imperdibile.
48 ore a Parigi: Montmartre è sempre una buona idea
In tarda mattinata, quando ancora mancava qualche ora al nostro check-in, ci siamo dirette verso Pigalle. Altro biglietto della metro alla mano, siamo scese alla stazione Blanche. Appena uscite, il Moulin Rouge ci si è parato davanti con le sue pale nuove di zecca. Infatti, solo l’anno scorso, una delle pale dell’iconico mulino era caduta.
Sapevo già cosa aspettarmi, ma per chi viene a Parigi per la prima volta, spero non si aspetti un mulino gigante. Sicuramente visto di sera è molto più affascinante, ma anche di giorno, con un bel cielo azzurro, fa la sua figura.
Qui ci siamo concesse una pausa per una bevanda fresca e rilassare un attimo i piedi. Avevamo capito bene come sfruttare le nostre 48 ore a Parigi: esplorare Montmartre una sola volta ma come si deve. Mi ero segnata tutte le tappe più interessanti per Ale, che vedeva il quartiere per la prima volta, e anche qualche chicca nascosta che non avevo ancora avuto il piacere di scoprire.
Rue Lepic, i mulini e l’uomo che attraversava i muri
Siamo salite sulla collina di Montmartre da Rue Lepic, famosa per i souvenir a prezzi abbordabili e per il Café des 2 Moulins. Forse il nome vi suona familiare! Infatti, è il locale dove lavorava la protagonista de Il favoloso mondo di Amélie.
Proseguendo lungo la via, siamo arrivate al Moulin de la Galette. L’ultimo mulino ancora intatto di Montmartre e, per questo, anche il più antico. Oggi ospita un ristorante, ma nel XIX secolo era anche una celebre sala da ballo. Gli interni furono immortalati da artisti come Van Gogh, Picasso e Toulouse-Latrec. Il dipinto più celebre, però, resta Bal au moulin de la Galette di Renoir.
Poco distante, in Place Marcel Aymé si trova uno dei segreti nascosti di Montmartre: Le Passe-Muraille. “L’uomo che attraversa i muri” era un racconto dello stesso Marcel Aymé, ambientato proprio qui. Il protagonista possedeva il dono di attraversare le pareti, ma un giorno perde il suo potere e resta incastrato. La statua rappresenta esattamente la fine della storia.
Dalida, Rue de l’Abreuvoir e i murales degli artisti
Una volta chicca nascosta, oggi famosa per via di una scena di Emily in Paris, il busto di Dalida nella piazza omonima passa quasi inosservato. La cantante italiana, naturalizzata francese, ha stregato la Francia con la sua voce e la sua bellezza. In Italia è ricordata per il suo legame con Luigi Tenco, con il quale ha duettato all’infausto Festival di Sanremo dove il cantante fu poi trovato morto. Anche la cantante, vent’anni dopo il tragico incidente dell’amico e amante, si tolse la vita, lasciando un vuoto incolmabile nella scena musicale francese.
Come nel caso della tomba di Victor Noir, anche il busto di Dalida è circondato da leggende sulla fertilità. Così, oggi, i suoi seni sono continuamente strofinati da turisti, spesso senza conoscere il motivo del gesto.
Proprio da Place Dalida si gode di uno dei migliori scatti di Parigi su Rue de l’Abreuvoir. Anche questo luogo è preso da assalto per via della serie tv con Lily Collins. Qui, infatti, si trova La Maison Rose, il ristorante dove si incontrano Emily e Mindy. Una fila di ragazze si forma quotidianamente per scattarsi delle foto.
Passate oltre per esplorare la vera Montmartre. Un dedalo di strade e stradine che trasudano storia. Pensate che questo, un tempo, era il quartiere preferito dai grandi artisti. Fino a qualche anno fa, in Place du Tertre, si potevano ammirare i pittori all’opera. Oggi, purtroppo, la piazza è un tripudio (in negativo) di tavolini ammassati tra loro per rifocillare i turisti. Una grande perdita, a parer mio.
C’è però ancora dell’arte a Montmartre. Vi svelo infatti un’altra chicca: sotto forma di murales potrete scoprire i mille volti di Toulose-Latrec in Rue Saint Rustique.
La Basilica del Sacro Cuore e il panorama su Parigi
Ovviamente, una passeggiata a Montmartre non può dirsi completa senza ammirare la bellissima Basilique du Sacré-Coeur. Avendo solo 48 ore a Parigi e vedendo la lunga fila all’ingresso, ho deciso di rimandare la visita all’interno al prossimo viaggio. In queste quattro volte a Parigi, mi vergogno quasi a dire che non esserci mai entrata ma prima o poi lo farò.
La vista su tutta Parigi da quassù, però, è sempre mozzafiato. Nonostante la folla, rimane incredibile. Fate solo molta attenzione ad una delle truffe più comuni in questa zona, soprattutto quando scendete i gradini. Appena sotto, giratevi un’ultima volta: la vista della basilica e del carosello di Montmartre merita.
Da lì, ci siamo poi dirette verso la stazione Abbessess. Ovviamente, lì vicino non potevamo non visitare le murs de je t’aime. Anche qui, però, c’era talmente tanta gente a scattare foto che siamo andate via quasi subito.
48 ore a Parigi: promenade nel V arrondissement
Finalmente, l’ora del check-in era passata e ci siamo dirette verso il V arrondissement. Anche per questa occasione ho alloggiato nello stesso hotel di quattro anni fa, anche se allora ero con un’altra amica.
Depositati i bagagli, ho portato Alessandra a fare un giro del quartiere. Il V ha davvero una vibe molto parisienne. Più o meno siamo state nelle stesse tappe che avevo visitato nel mio viaggio del 2021. Siamo entrate alla Grande Mosquée de Paris e, stavolta, oltre ai giardini, abbiamo visitato anche l’interno della Moschea, tralasciando però le zone di preghiera per i fedeli.
Siamo poi passate dietro il Panthéon e abbiamo ammirato, proprio di fronte, l’Eglise Saint-Etienne-du-Mont, divenuta famosa per le iconiche scene del film Midnight in Paris.
Proseguendo, abbiamo “scavallato” nel I arrondissement per fare tappa ai Jardin du Luxembourg e alla Fontaine Médicis. Questa fontana, in stile italiano, fu voluta dalla Regina di Francia Maria de’ Medici per decorare i giardini di palazzo. Ci saremmo sedute volentieri qui per una pausa, ma aveva piovuto da poco e le sedie verdi, tipiche dei parchi parigini, erano tutte bagnate.
Quindi, tornate nei confini del V, abbiamo proseguito fino alla rive gauche della Senna. Ci siamo fermate da Odette, la famosa sala da tè celebre per i suoi choux à la crème. I bignè mignon erano super soffici e pieni di crema. Noi abbiamo optato per uno al citron, uno al pistache e uno al framboise (limone, pistacchio, lampone).
Shakespeare & Co.
Una volta lì, sarebbe stato impossibile per due amanti della lettura come noi non fare una capatina da Shakespeare & Company. Divenuta molto famosa negli ultimi anni, ricordo ancora la mia prima volta alla libreria inglese. Non c’era fila, non c’era ancora il divieto di fare foto. Eravate voi e la bellezza dei libri di seconda mano, le nicchie dove avevano dormito grandi artisti e viaggiatori in cerca di un posto per la notte. Perché Shakespeare & Company offriva “asilo” a chi aveva bisogno di un posto dove dormire, a patto di lavorare almeno un paio d’ore in libreria e leggere un libro al giorno.
Oggi è più una tappa fotografica parigina per molti, un luogo in cui dire di essere stati senza magari interessarsi ai libri. Si crea una fila per entrare. Fortunatamente, quando siamo arrivate noi, scorreva abbastanza e soprattutto non era ancora troppo lunga. Ci siamo prese il nostro tempo per osservare ogni angolo. Ci siamo sedute tra i libri più antichi e le prime edizioni, riconoscendo titoli e autori. Solo verso l’uscita abbiamo trovato un libro ciascuna, che abbiamo acquistato assieme a una spilla della libreria. Uno degli acquisti più belli di tutto il nostro viaggio di 48 ore a Parigi.
Notre-Dame de Paris
Ovviamente, di fronte la libreria, è impossibile non ammirare la bellissima Notre-Dame de Paris, uno dei simboli della capitale. La cattedrale gotica ha attraversato secoli di storia. Purtroppo, nel 2019 un incendio ha gravemente danneggiato tetto e guglia. Dopo anni di restauri e una pandemia nel mezzo, Notre-Dame ha finalmente riaperto al pubblico, anche se non è ancora possibile accedere alle terrazze.
Visto che la prima volta, nel 2014, non ero riuscita ad entrata con Marco per mancanza di tempo e, la seconda volta, nel 2019, era già interdetta al pubblico, stavolta ne ho approfittato. Ci siamo aggiunte alla fila che, fortunatamente, scorreva abbastanza veloce e in meno di quindici minuti eravamo dentro.
Dire che le navate, le vetrate istoriate, le effigi, i lampadari e i soffitti siano bellissimi è riduttivo. A bocca aperta, ho ammirato tutto. La luce che filtrava dalle vetrate creava dei giochi di luce incredibili, mentre la messa, quieta e in sottofondo, creava un’atmosfera mistica.
Veronica & Alessandra in Paris: visitando location da serie tv
Terminata la visita a Notre-Dame, il nostro itinerario delle 48 ore a Parigi prevedeva anche una capatina ad alcune location di Emily in Paris. Sia io che Alessandra amiamo la serie tv, quindi avevamo incluso i luoghi salienti.
Abbiamo costeggiato il lungo Senna, attraversato il bellissimo Pont Neuf e raggiunto la Pyramide du Louvre. Lì, tra gli archi coperti, abbiamo ascoltato un violinista esibirsi.
Ci siamo sedute un attimo proprio alla piramide e, mappa alla mano, abbiamo notato che gli uffici della fittizia “Agence Grateau” erano a cinque minuti di distanza. Era anche quasi l’ora di cena e abbiamo iniziato a vedere qualche posticino dove poter cenare. Decisa la cosa più importante, ci siamo dirette a Place de Valois, dove si trova l’edificio in cui lavorano Emily, Sylvie, Luc e Julien. Sulla stessa piazza si affaccia anche il ristorante dove i colleghi fanno pausa pranzo.
Da lì, siamo entrare nei bellissimi giardini del Petit Palais Royal. Altra location di Emily in Paris, ci siamo sedute in una delle panchine, imitando Emily e Mindy in una delle loro prime scene insieme.
Solo il giorno dopo abbiamo continuato ad esplorare il luogo dove tutto è iniziato: Place de l’Estrapade. Qui si trovano l’edificio dove abitano Emily, Mindy e Gabriel, il ristorante di quest’ultimo e la boulangerie dove la protagonista assaggia il suo primo pain au chocolat. Trovate tutte le location della prima, seconda, terza e quarta stagione agli articoli appositi.
48 ore a Parigi: secondo giorno ai musei
Dopo un primo giorno ricco e una lunga dormita di cui avevamo davvero bisogno, il secondo giorno prevedeva un itinerario bello fitto. A partire da due prenotazione per due musei differenti. Infatti, abbiamo organizzato le nostre 48 ore a Parigi attorno alla prima domenica del mese, così da usufruire dell’ingresso gratuito in alcuni musei.
Alessandra voleva ammirare i quadri di Van Gogh e Monet, suoi pittori preferiti, e io non ero da meno. Così abbiamo scelto il Musée d’Orsay per la mattina. Peccato che, al momento di prenotare i biglietti, il sito non funzionasse. Ho provato per ore, senza risultato. Un po’ in ansia all’idea di non riuscire a entrare, avevo ripiegato sull’Orangerie per il pomeriggio. Lì i biglietti erano stati semplicissimi da prendere. Poi, finalmente, nel primo pomeriggio, sono riuscita a prendere a prenotare anche il Musée d’Orsay per le 9:00 del mattino.
Fast forward to Parigi: ci siamo svegliate abbastanza presto, abbiamo fatto colazione nella boulangerie vicino all’hotel e, con la metro, ci siamo dirette al Musée d’Orsay. Sognavo di visitarlo già dalla mia seconda volta a Parigi, ma in quell’occasione avevamo preferito andare al Louvre.
Musèe d’Orsay
Avendo un biglietto con orario stabilito, gli addetti vi smistano nella fila dedicata. Noi non abbiamo atteso molto prima di entrare superare i controlli per le borse. Una volta dentro, ci si ritrova subito davanti alla magnificenza della sala principale.
Il museo si sviluppa su più piani, suddividi per i periodi storici. Noi siamo salite direttamente al quinto e ultimo piano, dove sono conservati i quadri degli impressionisti. Tra le opere Renoir, Degas, Manet, Gauguin e molti altri artisti e quadri che conoscevamo solo dai libri di scuola, ci siamo ritrovate davanti ai Monet. Ammetto che gli occhi di entrambe hanno luccicato. Vedere dal vivo la tecnica, la luce, lo studio dietro ogni pennellata ci ha lasciate senza parole.
Mi sono particolarmente emozionata davanti alle Ninfee e ai quadri della Cattedrale di Rouen. Una serie di trenta dipinti, anche se al d’Orsay se ne trovano solo cinque, dove il soggetto è sempre lo stesso ma cambia la luce riflessa sulla facciata. Monet impiegò due anni per completarli: un’impresa che racconta tutta la sua dedizione e il suo talento.
Poi è arrivato il momento di Van Gogh. Davanti a La nuit étoilée è stata Alex ad emozionarsi. Purtroppo, un po’ come succede per la Gioconda, quasi tutti i visitatori si accalcano su quest’unico quadro, tralasciando le altre opere del grande artista olandese altrettanto potenti e suggestive.
Solo alla fine della sala si arriva allo famoso spot fotografico del museo: il grande orologio di vetro del café ristorante. Anche qui la fila stava iniziando a diventare lunga, ma noi abbiamo preferito dedicare il tempo ad ammirare altre opere. Abbiamo quindi iniziato la discesa verso i livelli dedicati all’Art Nouveau e, successivamente, al naturalismo e ai paesaggi. Solo alla fine siamo tornate alla sala centrale per ammirare le sculture di fine ‘800 e finire il nostro giro.
L’Orangerie
Tra un museo e l’altro avevamo il tempo di pranzare, così abbiamo cercato un locale nei dintorni e abbiamo continuato a parlare delle opere viste. Cibo e arte è un connubio che non passa mai di moda.
Credevamo di aver impiegato più del previsto per mangiare e così, in preda al panico, abbiamo fatto uno sprint fino all’Orangerie. Solo davanti l’ingresso ho ricontrollato l’orario e mi sono accorta che non era quello che ricordavo! Pensavo di aver prenotato per le 14:00, invece l’entrata era un’ora dopo. Fortunatamente, gli addetti ci hanno fatte comunque passare.
Originariamente, l’Orangerie fu costruita per ospitare gli alberi d’arancio del Jardin des Tuileries. Oggi è famosa per i bellissimi dipinti di Monet, ospitati nelle due sale ovali del museo. Sono otto i pannelli donati dall’artista alla fine della Prima Guerra Mondiale. Vennero però esposti solo dopo la sua morte, nel 1926.
Prendetevi il vostro tempo una volta davanti queste maestose opere. Sedetevi o andate vicino per ammirare ogni dettaglio. Noi siamo rimaste almeno un’ora tra le due sale. La bellezza dei dipinti è è tale da non poter essere colta in un solo sguardo.
Oltre a Monet, nelle sale sottostanti sono esposti Matisse, Cézanne, Picasso, Renoir, Modigliani e altri artisti dell’arte moderna.
Ultime ore a Parigi tra cibo, souvenir e Tour Eiffel
Il nostro pomeriggio è proseguito tra passeggiate in strade parigine meno note, dove ci siamo fermate per provare una crêpe suzette. Nessuna delle due l’aveva mai assaggiata ed eravamo curiose. Il Gran Marnier usato per sfumarla si sentiva ad ogni boccone. Per fortuna ne abbiamo divisa una, altrimenti non saremmo mai riuscite a finirla.
Dopodiché, ci siamo dirette alla Grande Épicerie de Paris. Il grande negozio è celebre per la selezione di prodotti alimentari di alta gamma e per il burro firmato Maison Beurre Bordier, tra i più rinomati di tutta la Francia. Non potevo esimermi dal comprarne un panetto. Alessandra, invece, era interessata anche ai formaggi, così abbiamo pensato di prendere qualcosa come souvenir per i nostri partner.
La Grande Épicerie, però, non è solo un paradiso gastronomico. L’edificio si sviluppa su più livelli ed è un vero e proprio centro commerciale. L’ultimo piano, con articoli per la casa, è una tentazione continua: avrei portato via tutto.
Alla fine, siamo uscite con un paio di panetti di burro, del saucisson e del formaggio. Se vi capita, potete chiedere che tutto venga confezionato sottovuoto: ideale per il viaggio di ritorno. Siamo quindi tornate in hotel per lasciare gli acquisti, prima di uscire ancora una volta. Direzione: Galeries Lafayette. Avrei voluto mostrare ad Alex le terrazze panoramiche, ma purtroppo siamo arrivate quasi all’orario di chiusura. Abbiamo quindi ammirato solo la cupola in vetro dei grandi magazzini.
Ci mancava quindi solo una cosa: fare la nostra ultima cena nella capitale francese e salutare lei, la Tour Eiffel. Siamo arrivate giusto in tempo per vederla illuminarsi, con gli occhi lucidi per la bellezza, la commozione e per il bel viaggio che stavamo per concludere.
Queste 48 ore a Parigi sono state un concentrato di arte, risate, camminate infinite e promesse silenziose: torneremo, insieme, in un’altra città, pronte a perderci di nuovo.
48 ore a Parigi ovviamente non sono abbastanza, ma bastano per innamorarsene. Quali sono i vostri luoghi del cuore nella capitale francese?
Classe 1990, viaggiatrice entusiasta, appassionata di fotografia, siciliana ed expat in UK dal 2014. Ti racconto dei miei viaggi in coppia, dei luoghi della mia terra e di come riuscire a vivere una vita da expat senza perdere la testa.